L’ex general manager della squadra giallorossa, Tiago Pinto, ha parlato dell’addio alla Roma, dell’esonero di Mourinho, della delusione e del post Budapest, oltre a fare un bilancio dei suoi anni in giallorosso:
Come si sta senza la Roma? “Cerco di riposarmi, cerco pace e tranquillità. Quando arriveranno le prossime sfide dovrò essere motivato e carico, cerco di riposarmi”.
La Roma è in lotta per la Champions, ai quarti di Europa League: il tuo pensiero su questo momento? Rimpiangi non aver fatto prima questa scelta? “È un piacere fare questa intervista, anche se ne ho rilasciate poche. La prima intervista internazionale l’ho fatta con te, non potevo immaginare che avrei lavorato per la Roma. Questa intervista la faccio anche per riconoscere il lavoro di Sky, il calcio italiano ha bisogno di questo lavoro pulito che fate e va detto”.
La Roma? “Sono contento per i risultati, per Daniele, per i giocatori. Puoi andare anche via, ma per un direttore sportivo i giocatori saranno sempre i tuoi giocatori, per far bene il mio lavoro devo avere affinità totale, motivazione, carica, tutte le cose che servono per il mio lavoro. Non faccio questo lavoro senza questa passione, tre anni a Roma ti portano un bel livello di stanchezza, la Roma ora meritava un Tiago Pinto dei primi anni, non ho rimpianti”.
È stato rivalutato il tuo lavoro? La Roma è più forte? “Con questi risultati, sono tutti convinti che la Roma abbia valore, ma non vorrei sfruttare questo momento per dire che ho fatto tutto bene, penso che abbiamo bisogno di più equilibrio a Roma, le valutazioni sui giocatori vanno fatte a medio-lungo termine”.
È vero che De Rossi le ha chiesto di restare? “Sì, noi abbiamo sempre avuto un buon rapporto, anche prima del suo arrivo. Ha capito come lavoravo, ha capito che do una mano agli allenatori, lui ha potuto contare fino alla fine su di me, ma non avrei mai cambiato la mia decisione”.
Sull’esonero di Mourinho? “Quello è stato un giorno molto difficile per tutti. Io sono ancora giovane, non so se i Direttori sportivi più anziani gestiscono in modo diverso. Io nel momento in cui si deve licenziare un allenatore sono morto. Le emozioni sono troppo alte, è stato un lavoro di due anni e mezzo”.
Hai salvato Mourinho dall’esonero prima di Genoa-Roma? “Io sono stato sempre un soldato, è normale che ci sia un po’ di casino nel rapporto tra direttore sportivo e allenatore, ma sono sempre stato vicino al progetto e alla società, anche se le idee sono diverse. Ci sono cose che succedono durante la stagione, quando le cose non vanno bene vanno fatte delle valutazioni, tutte le decisioni prese sono state collettive, abbiamo anche vinto 3-4 partite di fila dopo quella partita”.
I giocatori sono arrivati condividendoli con l’allenatore? “Non è mai arrivato un giocatore senza l’approvazione di Mourinho, poi sarei stato bugiardo se avessi detto che i giocatori arrivati erano la prima scelta del club, non è così. Lui è sempre stato coinvolto, il processo di reclutamento è stato sempre chiaro, dai giocatori che sono andati bene a quelli che sono andati male, nessun giocatore è stato di Tiago Pinto o di Mourinho, non è neppure giusto che Mourinho ha avuto i giocatori che voleva perché non è vero. I giocatori che abbiamo preso erano quelli che potevamo prendere, ma nessun giocatore è arrivato a Roma senza la conoscenza di Mourinho”.
Dybala o Svilar, di quale colpo è più orgoglioso? “Mi ha fatto molto felice prendere Dybala, però abbiamo preso tre giocatori a parametro zero che oggi valgono tanto, tipo Svilar. Tu li guardi e pensi che sia stato un buon lavoro, con tutte le difficoltà che abbiamo avuto, con le scelte che abbiamo fatto, oggi tu guardi la squadra e hai questi giocatori ha parametro zero che hanno valore sul mercato, giovani che hanno valore sul mercato, hai grandi giocatori come Dybala o giocatori che hai rinnovato molto forti, siamo riusciti a non vendere i giocatori più importanti a parte Ibanez e Zaniolo, ma non è che abbiamo sempre venduto il pezzo migliore, abbiamo Pellegrini, Cristante, El Shaarawy, Mancini che sono rimasti con noi. Sono stato felice quando abbiamo preso Dybala, poi non è che voglia essere egocentrico, ma sono molto felice per Svilar, per me è sempre un bambino. Lo conoscevo dai tempi del Benfica dal 2017, abbiamo fatto insieme il mio percorso al Benfica, poi è venuto con me a Roma, ha sofferto tanto ed è cresciuto tanto, sarà tra i migliori al mondo”.
Cosa è successo dopo la finale di Europa League persa a Budapest? “Quello che mi ricordo è che è stato umanamente difficile gestire le ore successive a quella sconfitta. Siamo professionisti, mettiamo tutto dentro, senti che non vuoi perdere e senti quel feeling di ingiustizia. Senti la tristezza, l’amarezza, il conflitto, i casini. È stato forse l’unico giorno della mia carriera in cui ho sentito l’impatto fisico sulle mie emozioni. Penso che abbiamo fatto una buona partita, ma la differenza tra vincere e perdere è un dettaglio, poi la finale è stata polemica per l’arbitraggio. È stato un momento cruciale per me, dopo quelle 72 ore di tanta difficoltà abbiamo giocato contro lo Spezia e s’infortuna Abraham. Sappiamo che lo avremmo perso per tanto tempo, avevamo quell’obbligo del settlement agreement di fare determinate operazioni fino a giugno e forse a fine giugno ho pensato a me stesso e forse è stato in quel momento che ho preso la decisione di andare via, ero al limite. Mi sono ripreso e abbiamo fatto un buon mercato estivo”.
L’errore più grande che ha fatto? “Ci sono stati acquisti che non hanno reso, tipo Shomurodov. Io non vedo il mercato come una competizione, penso che una società che ha un direttore, un dipartimento medico, uno staff medico, aiuta i giocatori. Secondo me il mercato rappresenta il 20-30% della squadra, il 70-80% è il quotidiano. Ci sono stati acquisti che non sono andati bene, altri che magari non sono stati spettacolari in un certo momento, tipo Rui Patricio oggi viene criticato ma ci ha fatto vincere la Conference League. Come direttori sportivi, non dobbiamo perdere due volte: quando prendi un giocatore che vale qualcosa per la tua squadra anche a livello economico. Se un giocatore non va bene in campo, non devo far perdere alla società quello che ha investito. Tipo Vina, non è andato come ci aspettavamo, però economicamente non ci abbiamo perso quando lo abbiamo ceduto. Io non devo far perdere due volte la mia società. Dovevo gestire diversamente alcune cose, in un determinato momento magari dovevo fermarmi, dovevo ridurre il monte ingaggi, prendere grandi giocatori, vincere, stare in pari in con il settlement agreement, ma la nostra ambizione è così grande che ci ho provato”.
Confermerebbe De Rossi se fosse ancora alla Roma?
“Non possono mettermi in quei panni, ovviamente Daniele sta facendo molto bene, è una persona spettacolare. Vuole fare questo lavoro, sta facendo benissimo, non solo in campo ma anche nel campo della valorizzazione dei giocatori della Roma. Mi ha sorpreso la consapevolezza che lui ha di quanto costa essere allenatore”.
Faresti il direttore di un altro club italiano? “Sì, ma non di tutti tipo la Lazio (ride, ndr). Ho imparato tanto in Italia, ho imparato da tanti direttori sportivi, sono amico di Ausilio, Massara, Rossi, Corvino, magari un giorno tornerò in Italia”.
Parliamo della clausola di Dybala? “Se lo cedono, non posso tornare a Roma (ride). È una grande persona, lo ammiravo come giocatore e come persona e ora lo ammiro di più, è un bambino d’oro, un professionista spettacolare ed è felice a Roma. Penso che la città e i tifosi lo abbiano reso felice”.
Come vorresti essere ricordato dai tifosi della Roma? “Come un direttore che ci ha sempre messo la faccia, ma è importante il rapporto con le persone con cui ho lavorato. Ho trovato una famiglia, persone che lavorano tanto come fisioterapisti, la parte femminile, l’ufficio stampa, tutti lavorano con passione per il club e vorrei essere ricordato come una persona giusta”.
FONTE: Sky Sport