Piedi buoni e cervello fino. Alla lunga Miralem Pjanic, dopo aver attraversato non pochi momenti difficili, si prende la scena e, di fronte agli ex compagni della Roma, mostra talento, saggezza e spirito di sacrificio. Schierato da regista «alla Pirlo», non si scompone quando viene pressato, lascia che gli avversari lo attacchino e poi li scherza con una finta o con un tocco delizioso, e dà l’avvio alla manovra. Sempre in velocità, sempre in verticale. Decisamente meno barocco rispetto al primo periodo juventino, Pjanic dimostra di avere ormai mandato a memoria la lezione di Allegri: se vuoi fare il centrocampista davanti alla difesa, devi essere rapido di pensiero e di movimento e devi soprattutto far viaggiare il pallone «di prima». Lui, che quanto a qualità tecniche ha ben pochi rivali in Europa, alla raffinatezza e alla lucidità mentale ha unito la continuità d’azione di un vero mediano. Ora non si distrae, non si assenta dalla partita (come gli capitava in precedenza), è sempre pronto ad aiutare i compagni in fase di disimpegno e ha pure energie per dettare il pressing. E’ presto per dire che la Juve ha trovato il nuovo Pirlo, anche perché le caratteristiche dei due sono differenti, però con Pjanic ha certamente messo un mattone fondamentale. Inoltre, e in questo è stato bravo Allegri, per sostenere Pjanic ci sono i polmoni di Matuidi e di Khedira: gente di corsa e di sostanza, che sa abbassarsi in fase di non possesso e occupare gli spazi e, al momento opportuno, riparte con decisione e potenza.
DIREZIONE – Pjanic è sempre nel cuore della sfida, lo testimoniano i 73 tocchi, quasi tutti sapienti. La Roma, invece, non ha un giocatore simile al centro delle operazioni. De Rossi, che si muove pressapoco nella stessa zona di Pjanic, è più lento, più macchinoso e il pallone, quando ce l’hanno i giallorossi, non sempre gira con la necessaria rapidità. Inoltre il terzetto della Juve in mezzo al campo sovrasta, perlomeno per un’ora di gioco, quello della Roma: Khedira si dimostra superiore per qualità atletiche a Strootman, e Nainggolan, fino a che non avanza la posizione, non è né carne né pesce. Matuidi lo argina senza grandi difficoltà. Il belga migliora quando fa un passo in avanti e cerca di piazzarsi tra le linee nemiche. Allegri, abilissimo stratega, vuole che la sua squadra resti sempre corta (e lo fa: 32,5 metri) e che il recupero del pallone avvenga vicino alla propria area di rigore, difatti il baricentro risulta «molto basso» (45,4 metri). E’ vero che con un simile atteggiamento s’invitano gli avversari ad avanzare (e la Roma avanza e, nel finale, si fa pericolosissima), ma è altrettanto vero che, chiudendosi a riccio, non si lasciano spazi per gli inserimenti tra i reparti. E Pjanic che dirige la musica, anche negli ultimi minuti di sofferenza, è l’uomo cui i compagni si aggrappano per superare definitivamente l’ostacolo.