La proprietà è americana, ma la Roma è una squadra trotskista. Nel senso di «rivoluzione permanente». In sei anni di gestione made in Usa ha cambiato cinque allenatori e mezzo: Luis Enrique, Zdenek Zeman, Aurelio Andreazzoli (con la supervisione di Walter Sabatini), Rudi Garcia e Luciano Spalletti. L’eliminazione dalla Coppa Italia per mano della Lazio – dopo quelle ai preliminari di Champions League (Porto) e in Europa League (Lione) – può azionare l’ennesimo cambio di panchina per la prossima stagione? Spalletti, contratto in scadenza a giugno, ha più volte ripetuto «rimango soltanto se vinco un titolo». Detta così, resta solo lo scudetto, da sottrarre alla Juve che viaggia a +6 a 8 giornate dalla fine. È vero che la Roma potrà preparare una sola partita a settimana – Spalletti è l’allenatore che ha utilizzato meno giocatori e fatto meno cambi – ma anche così non è una strada semplice. È altrettanto vero che Spalletti ha anche detto che certe frasi si dicono per motivare la squadra prima delle partite decisive. Per cui potrebbe anche tornare indietro. Il problema numero uno è: la Roma può permettersi di aspettare ancora le decisioni del suo allenatore? E se sì, fino a quando? La semifinale di Coppa Italia sembrava una pietra miliare ed è passata. Il problema numero due è: può un club importante sembrare prigioniero del volere di un suo stipendiato? Chi deve avere l’ultima parola sul contratto e sulla tempistica per firmarlo? I dirigenti stanno così lavorando a un piano B, che può diventare in fretta un piano A se il tecnico di Certaldo non riuscirà ad alzare il livello delle prestazioni, soprattutto nei quattro big match che mancano: Atalanta, Lazio e Juve in casa, Milan a San Siro.
Tra i nomi italiani piace soprattutto quello di Gian Piero Gasperini, artefice del miracolo Atalanta. Scottato dalla passata esperienza all’Inter, però, «Gasperson» chiede garanzie. Roberto Mancini, che sarebbe disposto a tagliarsi l’ingaggio, restando sui 3 milioni che percepisce Spalletti (Simone Inzaghi prende 500mila euro), resta un candidato. Vincenzo Montella è soprattutto un nome caro alla piazza – e di sopraffina qualità tecnica – ma nel recente passato è stato sedotto e abbandonato dai dirigenti giallorossi. Le ipotesi straniere vanno da Emery (Psg) a Sampaoli (Siviglia), da Pochettino (Tottenham) a Valverde (Athletic Bilbao), con la possibile sorpresa Pellegrini, da strappare ai milioni dei cinesi dell’Hebei. Tanti nomi legati alla lingua spagnola perché il prossimo d.s. sarà Monchi, anche se l’ex Siviglia dice di stare ancora riflettendo. Tutto il potere a Monchi potrebbe essere un bello slogan trotskista. Tra i giocatori che gli piacerebbe portare a Roma ci sono Torreira (Samp), Krychowiak (Psg), Lenglet (Siviglia) e il giovane argentino Ascacibar (Estudiantes). Ma ha usato le settimane scorse per studiare a fondo anche il mercato italiano. E Spalletti? Ieri ha parlato con la squadra, chiedendo un ultimo sforzo per chiudere al massimo la stagione. Una sua dichiarazione a Rai Sport, martedì sera, è sembrata uno scarico di responsabilità: «Io sono stato al gioco, per certi versi, che siamo fortissimi e ne ho reso partecipi i giocatori: si dice tutti allo stesso modo che la Roma è forte e che la Roma deve vincere». Di sicuro la Roma ha un monte ingaggi che è quasi il doppio di quello della Lazio: 92 milioni a 55.