C’è un pezzo di Roma che si affaccia sull’Arno, a breve punterà gli occhi sulla Germania. Nell’Italia c’è il blocco Inter e c’è pure un variegato gruppone che vien dalla Capitale. Spalletti è il capostipite di questa Italia Capitale. E’ passato a Trigoria (con i suoi attuali collaboratori in azzurro, Domenichini, Baldini e Savorani) in due fasi, 2005-2009 e 2016-2017: da emergente allenatore di provincia, nella Città Eterna ha fatto il grande salto, regalando alla storia una Roma piacevole e innovativa. In bilico c’è El Shaarawy, altro romano acquisito (a Trigoria dal 2016).
Ha fatto una breve esperienza in Cina, poi è tornato, a casa e l’impressione è che non voglia più spostarsi. ElSha ricopre più ruoli dell’attacco e la duttilità tattica, in questi casi, può fare la differenza, al di là dei gol, che per il Faraone sono meno rispetto a quelli di Zaccagni, 3 contro 7 nell’ultima stagione.
Non sembrano avere problemi di lista Mancini e Pellegrini, uno romanista per “meriti” (è di Pontedera), l’altro romano doc (di Cinecittà), più Cristante, friulano ma uomo buono per tutte le stagioni e allenatori. Il primo non convocato da Mancio nell’ultimo Europeo per scelta tecnica, il secondo per infortunio subito a poche ore dalle convocazioni definitive. Bryan invece quell’Euro 2020 lo ha vinto, e l’azzurro non lo ha mai lasciato.
Carattere (Mancini), qualità (Pellegrini) e sostanza (Cristante): queste caratteristiche cerca Spalletti. Le pretende. Poi ci sono i romani che stanno diventando grandi lontano dalla Capitale. Loro romani veri, di nascita: partiamo da Riccardo Calafiori e Michael Folorunsho, cresciuti nei settori giovanili di Roma e Lazio; una convocazione per il difensore, seconda per il centrocampista.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni