È bastato che l’Uefa allentasse i parametri sul fair play finanziario per alimentare il desiderio di cambiare tutto: i Friedkin ripartono praticamente da zero in questa stagione rivoluzionaria, ispirata a principi diametralmente (e necessariamente) opposti rispetto alle ultime due. Parlano i numeri: la Roma ha investito più di sempre sui cartellini dei calciatori inglobando 12 facce nuove a fronte di 14 partenze.
Tra le estati 2022 e 2023, nell’impossibilità di spendere per i vincoli di un patteggiamento internazionale, da Trigoria erano usciti tantissimi denari per gli ingaggi ma appena una ventina di milioni per aumentare il patrimonio della rosa: quest’anno siamo oltre quota 110, cioè cinque volte e mezza di più, a fronte di un obbligato taglio degli stipendi (-35) e di entrate per 47 milioni. Cosi la famiglia Friedkin pensa di raggiungere l’equilibrio economico, con il tetto di -60 di perdite annuali da contabilizzare entro il dicembre 2026, e al tempo stesso di ottenere un upgrade a lungo desiderato: la partecipazione alla Champions League.
Ovviamente il circolo virtuoso, di per sé favorito dai risultati sportivi, moltiplicherà i benefici quando i Friedkin riusciranno a inaugurare lo stadio di Pietralata. L’iter procede lentamente, difficilmente rispetterà lo spot elettorale della giunta Gualtieri che ha parlato di apertura entro il 2027, ma costituisce un elemento fondamentale del business.
Chiunque guiderà la Roma con un impianto di proprietà, si tratti dei Friedkin o di chi comprerà il club tra “enne” anni, potrà avvalersi di un meraviglioso erogatore di ricavi. E anche di una fabbrica di punti in classifica: gli studi di settore dimostrano che giocare in un ambiente pensato e organizzato per il calcio aiuti molto la squadra di casa a vincere le partite. Guardate lo Juventus Stadium per credere.
Intanto con la loro campagna acquisti, che non dà certezze di successo ma almeno testimonia un rinnovato sforzo nel cercarlo, i Friedkin hanno smentito le voci su un’ipotesi di disimpegno dalla Roma. Quando si investe oltre un miliardo di euro, con 43 giocatori portati a Trigoria in cinque stagioni, non c’è motivo di dubitare delle intenzioni.
Criticare le scelte, persino contestarle è legittimo: gli errori dal 2020 in poi sono stati numerosi, soprattutto nei metodi di selezione di figure apicali inadeguate. Il silenzio totale, che non chiarisce mai i dubbi, foraggia il chiacchiericcio. Però una cosa è sicura. La Roma, come azienda, oggi sta meglio di come i Friedkin l’hanno trovata, cioè sbrindellata dalla malagestione: 2 milioni di multa da pagare all’Uefa non intaccano il processo di risanamento. E la squadra, anche senza aver mai visto da vicino la Champions, ha giocato due finali europee vincendone una. Non è proprio poco.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida