Ci risiamo. Entrano in gioco le banche. Solo che stavolta non è per vendere la Roma. Ma per affiancare Dan Friedkin nell’acquisto del club giallorosso. Inevitabile che succedesse. Qualsiasi imprenditore, compreso Bill Gates, lo farebbe. Semplicemente perché funziona così, soprattutto quando l’investimento è di quelli importanti come, appunto, nel caso dell’acquisto della Roma che all’imprenditore texano nato in California costerà svariate centinaia di milioni di euro. Friedkin, da quello che raccontano, ha fretta di annunciare il deal che, peraltro, di fatto è chiuso, visto che è stato trovato il punto d’incontro economico tra le parti, cifra fissata intorno agli ottocento milioni di euro compreso il debito consolidato (272 milioni) e l’aumento di capitale (circa 130 milioni).
A questo proposito ci sembra giusto fare un minimo di chiarezza a proposito dell’utile che James Pallotta e i suoi soci si metteranno in tasca, a cominciare da Rouane e D’Amore che hanno fatto parte dell’avventura sin dal primo giorno. Si sta parlando e scrivendo di un utile superiore ai duecento milioni, magari per dare l’ultima frecciata (eufemismo) a Pallotta. In realtà non è così. L’utile, per i nostri conti, sarà inferiore ai cento milioni che poi i vari soci si divideranno in base alle quote in loro possesso. Per noi umani sono parecchi soldi, per carità, ma in realtà, a quei livelli il business non si può definire un grande successo. (…)
FONTE: Il Romanista – P. Torri