Nati lo stesso giorno. Noi, Corriere dello sport, e Ranieri: il 20 ottobre. Lui 27 anni dopo. Gli anni – tanti, pochi ancora – li portiamo benissimo. Tant’è che Claudio lo ritroviamo per la terza volta alla guida della Roma.
Sor Sir – lo chiamo così da quando realizzò il miracolo Leicester -; Sor Sir, dicevo, è l’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto.
Perché riassume in sé alcune caratteristiche che in questa fase della vita della Roma sono importantissime: conosce la piazza; è uno tra i più efficaci quando subentra in corsa (non ho mai dimenticato l’exploit col Parma di Pepito Rossi); la sua presenza è rasserenante; la tifoseria lo ama riconoscendogli la romanità più genuina; è un abile comunicatore, possedendo la giusta dose di paraculaggine, e parla l’inglese (la linea diretta col capo è fondamentale).
Inoltre non incide sul bilancio dei Friedkin alla voce “affitto della casa del mister e eventuali trasport”. E non si può trascurare il contesto temporale: la Roma sta per affrontare Napoli e Tottenham in trasferta e l’Atalanta del Dentista all’Olimpico. Provate a immaginare come sarebbe visto un tecnico nuovo e da programmazione lunga se uscisse dalle sfide con un solo punto o addirittura nessuno. Ve lo anticipo: trombato sul nascere.
Ranieri no: lui può vantare molti crediti e merita la pazienza dei giorni migliori perché ha dimostrato – anche a Cagliari – di saper sfruttare al massimo tempi e risorse riemergendo dalle fasi più complicate. Venti giorni fa un addetto ai lavori molto romanista e molto tottiano, il più tottiano de Roma, mi disse questo: “Se fossi al posto degli americani prenderei Ranieri o Allegri”. Bene: venti giorni dopo il primo è sulla panchina di casa.
Ma dopo cosa? Dopo giorni di follia collettiva, ansie, incazzature, fantasie, bocciature preventive, invenzioni, incontri mai avvenuti, luoghi mai frequentati, hotel chiusi e non ancora riaperti. Segato Juric, la Roma è stata accostata via via a Mancini, De Rossi-bis, De Rossi con Ranieri, De Rossi con Sara, Terzic, Montella, Garcia, Allegri, Potter, Albus Silente, Lord Voldemort, Gallardo, i bookmakers ci hanno infilato pure Eziolino Capuano.
Alla fine ha prevalso Ranieri, l’unico realmente sondato. Quattro anni e mezzo e 1 miliardo dopo i Friedkin hanno così puntato su un allenatore che soltanto pochi mesi prima aveva annunciato il ritiro dalle scene di club. E hanno fatto benissimo: hanno capito che non era più il caso di ricorrere a scelte borderline.
La notizia del ritorno di Ranieri è stata accolta con soddisfazione da molti suoi colleghi – Allegri, Capello, Mourinho -, e da gran parte della tifoseria. Ora Claudio dovrà riportare serenità nel gruppo, rivedere le gerarchie tecniche e tattiche, recuperare il rapporto di fiducia con Dybala, Pellegrini, Cristante e Hummels e riavvicinare la Sud alla proprietà. Una bella sfida per chi aveva optato per la panchina sbagliata. Quella dei giardinetti.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I Zazzaroni