E vai con il mate, con l’asado, con gli abbracci. Il trio argentino della Roma esulta: l’ultimo tango di Paulo Dybala è rimandato a data da destinarsi. Ciao sciocchi, arrivederci sceicchi. All’ora di cena il post di Leandro Paredes, uno degli amici più cari, ha trasmesso in maniera eloquente l’umore dei connazionali dopo il Grande Annuncio: “Se ancora non l’avete capito, la Joya resta con noi!”. È stato uno dei primi, Paredes, a sapere cosa stesse succedendo, come questa storia straordinaria stesse scrivendo un colpo di scena finale in pieno stile Friedkin. E l’ha voluto urlare al mondo, con entusiasmo sincero al quale si è aggiunto ovviamente Matias Soulé con like e cuori a profusione.
Sarebbe stato un peccato tecnico dividere due giocatori che si erano scelti dopo una paziente conoscenza: Soulé aveva lasciato la Juventus dopo il martellamento di Dybala, che spingeva per farsi raggiungere nello spogliatoio perché scrutava nel piede sinistro dell’argentino più giovane la prospettiva dell’erede. I due si erano annusati lo scorso anno quando Mati imparava la Serie A a Frosinone.
In ogni momento libero Soulé prendeva l’autostrada e si spostava a Roma, dove seguiva la scia della brace senza nemmeno guardare il navigatore: sono stati momenti spassosi tra ragazzi a Casalpalocco, con Paredes elemento per niente secondario della triade, che hanno posto le basi su una possibile collaborazione professionale. “Mi chiamavano tutti i giorni” ha raccontato l’ultimo arrivato appena messo piede a Trigoria.
Poi lo shock, la Roma che pensa di vendere Paulo, lui che a malincuore accetta l’addio, dopo un esordio buttato a Cagliari in cui la distrazione dell’incertezza ha probabilmente sottratto due punti alla squadra. Un castello di carta velina franato sotto i colpi della sabbia dorata degli arabi.
Approvano anche il capitano Pellegrini, Zalewski che cita i Queen con un bizzarro «The show must go on», e poi El Shaarawy che commenta con i cuori, Bove che di Dybala è un altro fratello minore, Abraham che lo stima enormemente, Dovbyk che si sente in debito, tanti altri.
In questo momento a nessuno importa se la conferma di Dybala migliorerà la Roma. L’unico valore che conta è quel senso di grandezza che un campione straordinario, ancorché fragile e timido, ha saputo trasferire alla squadra. Dybala, come Mourinho prima di lui, non è garanzia di trofei. Infatti non ne ha vinto ancora uno in due anni. Dybala è la speranza che si possa vincere. Questa idea a volte è già sufficiente a sorridere.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida