Non immaginava neanche lui di essere interpellato così presto: “Lorenzo, entri tu al posto di Koné“. Il cambio a sorpresa di Ranieri, che nell’intervallo ha sostituito anche l’altro ammonito Hummels con Celik, ha spalancato uno spiffero di luce che Pellegrini ha accolto come l’assonnato che viene svegliato di soprassalto dall’apertura di una persiana. Non era facile ricollegarsi con l’attualità, con la partita, con la Roma, quando tutto intorno trasmetteva un senso di estraneità.
E così, dopo la settima esclusione delle ultime otto partite, Pellegrini ha giocato male. Molto male. Sembrava terrorizzato, confuso anche dalla posizione da occupare, tanto da chiedere dopo pochi minuti delucidazioni alla panchina.
Pellegrini ha sbagliato tanti passaggi semplici ma sarebbe uscito quasi inosservato da San Siro se non gli fosse capitato sui piedi, dopo un movimento giusto dietro alla linea difensiva del Milan, il passaggio di Dybala che poteva valere una vittoria della Roma e forse anche una svolta personale.
Ma evidentemente non è il suo momento e, a parte qualche sprazzo di talento ed efficacia delle prime settimane con De Rossi, non è questo il suo anno. Tutti gli allenatori che lo hanno incrociato nel 2024, dopo avergli assicurato fiducia iniziale, lo hanno degradato, non togliendogli la fascia di capitano ma (peggio) il posto in squadra.
La Roma da parte sua ha mostrato disponibilità: se Pellegrini trova una squadra di suo gradimento, può andare via anche a gennaio. Del resto, Friedkin giudica spropositato l’ingaggio da circa 6 milioni – bonus inclusi – che un contratto rinnovato colpevolmente in ritardo ha generato. Il 2025 potrebbe cominciare con una separazione che adesso, più che clamorosa, appare addirittura logica.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida