Provate a compiere un piccolo salto temporale all’indietro, fino al 17 aprile, vigilia di Roma-Milan. Immaginate la giornata perfetta. Poi vestitela di giallo e rosso. E attingete al più sfrenato ottimismo. Fatto? Bene. Ora provate a pensare a come sarebbe potuta andare meglio rispetto a quanto abbiamo vissuto giovedì 18. Perfino le fantasie dei più creativi si troverebbero in difficoltà.
Quante volte ci siamo trovati di fronte a un tale trionfo di romanismo in ogni singolo istante e in tutti gli ambiti? Alla memoria e al cuore di ciascuno la risposta soggettiva, ma siamo pronti a scommettere che in tanti convergerebbero sul 18 aprile 2024. Il giorno che la Roma incise a fuoco il proprio nome nella storia: perché così sarà ricordato fra qualche anno.
Quel cammino emozionale senza (o con pochissimi, fate voi) paragoni comincia alle prime luci, quando soggetto e sceneggiatura scritti dai Friedkin danno vita a quel coup de théatre che mancava da un po’. Ovvero l’annuncio del rinnovo di contratto di Daniele De Rossi. Sì, proprio a poche ore dalla partita più importante della stagione – almeno fino a quel momento – in pieno stile hollywoodiano nella sostanza.
Meno nella forma: un comunicato senza fronzoli né dettagli riguardanti date e cifre, ma con un impegno che suona dolcissimo alle orecchie dei romanisti: «Non potremmo essere più felici di costruire un progetto a lungo termine con Daniele». Rispettata la volontà popolare, fugato ogni dubbio. E la promessa di un futuro insieme magicamente diventa realtà.
(…) Così non c’è traffico in tilt, o ritorno improvviso del freddo, o scrosci copiosi di pioggia a frenare gli oltre 60mila romanisti in viaggio verso l’Olimpico. Un altro colpo d’occhio da stratosfera, come ormai siamo abituati a vederne in serie da almeno due anni a queste latitudini. Ma con un’atmosfera più friccicarella del solito, che soltanto questa città e questa squadra sanno regalare.
(…) E poco importa che l’avversario arrivi dall’interno dei confini nazionali: sempre di hostes (rigorosamente con una “s”) si tratta. Anzi, nel caso del Milan l’ostilità non si limita al campo, ma si estende al ricordo di un ragazzo mancato troppo presto in un maledetto giorno di giugno. La coreografia della Sud è per lui: da brividi. E la commozione coinvolge doppiamente Gianluca Mancini, ormai idolo incontrastato in totale empatia coi tifosi.
Anche il suo amico Mattia è venuto a mancare, proprio nei giorni più felici della carriera di Mancio, che lo onora con una t-shirt commemorativa e con l’ennesimo gol. Un bacio al cielo è d’obbligo, l’abbraccio dei compagni a sommergerlo (…).
Perché i milanisti non rimbalzano soltanto su Big Rom, ma anche sugli altri dieci leoni scampati alla scure di Marciniak: Pellegrini è imbarazzante nella sua superiorità tecnica e morale, El Shaarawy e Paredes commoventi per abnegazione, tutti gli altri semplicemente perfetti, a partire da DDR. Non può che finire in festa, sotto la Sud. Tutti insieme, compreso Ndicka per volere dei compagni. In un abbraccio collettivo che dà il senso di questo gruppo fantastico. E lo consegna all’epos. Oggi e per sempre.
FONTE: Il Romanista – F. Pastore