Proviamo a fare un primo bilancio con De Rossi sul ponte di comando. Giocate sei partite: 4 vittorie, 2 consecutive in trasferta in campionato, non succedeva dal 2022. Un pareggio europeo; una sconfitta con l’Inter, ma alla fine mettendola in difficoltà come da nessuno. Due partite concluse senza reti al passivo. In classifica il passaggio dal nono al sesto posto, che ancora non garantisce la qualificazione alla Champions ma lascia spazio alla speranza di poter salire ancora, anche se Atalanta e Bologna stanno andando come treni.
Insomma, ricordando da dove si partiva, il bilancio non può che essere positivo. Al punto da consigliarci una provocazione. Ossia: bastava fare il contrario, in campo e fuori, di quello che stava facendo Mourinho. Le vedove dello Special One, che da qualche settimana si sono sistemate sul trespolo pronte a rispuntare fuori al primo vero passo falso, ci insulteranno. Proviamo a spiegarci, partendo dal campo e dalla rosa giallorossa. De Rossi in poco più di un mese ha messo in piedi una rivoluzione tattica. Sapendo di correre dei rischi ma avendo la consapevolezza che la qualità tecnica della squadra era migliore rispetto a quella che ci era stata descritta per mesi.
Così stiamo rivedendo il vero Pellegrini, un Paredes tornato a essere un geometra del centrocampo, un Mancini sempre più leader, uno Svilar finalmente promosso titolare, un El Shaarawy rifiorito, un Dybala gestito con oculatezza così come Spinazzola–
Il risultato è che stiamo vedendo una squadra. Con i suoi limiti, i suoi difetti, le sue pecche, comunque una squadra che va in campo con un’idea. Con giocatori che sanno quello che devono fare.
In due anni e mezzo di Mou, non era mai successo che il tecnico si accollasse qualche responsabilità. Ora il Sedici fa l’esatto opposto, come dopo la partita di Frosinone, quando si è preso tutte le colpe per un primo tempo sbagliato e fortunato. Sommando il tutto: il rimpianto vero è quello di non averlo capito prima
FONTE: La Repubblica – P. Torri