Anche Nicolas Burdisso, ex difensore di Inter e Roma tra le altre, è come tutti gli argentini in trepidazione per la finale di Copa Libertadores tra Boca Juniors e River Plate con l’andata che andrà scena questa sera alla “Bombonera”. Intervistato dal quotidiano sportivo, nell’occasione, ha fatto un bilancio anche della sua carriera, dopo l’annuncio del ritiro di un mese fa. Da Maradona a Messi passando per Mourinho, dedica un pensiero anche a Totti: «Francesco è l’italiano più forte con cui ho giocato. Velocità di pensiero unica: nel fare cose diverse e, negli ultimi anni, nella capacità di adattarsi a doverne fare di ancora diverse. Dopo Cluj-Roma 1-1 c’è mancato poco che ci mettessimo le mani addosso: là davanti avevano giocato a “segno io, no segna tu”, alla fine prendemmo gol e mi andò il sangue al cervello. Ma a Roma se litighi col Capitano sei morto: è sempre colpa tua, quello che Totti suscita nelle persone va al di là di ogni razionalità. Non so se sia pentito di non aver mai cambiato squadra per vincere di più, ma non credo: non ha mai scelto di vincere, ha scelto di stare a Roma. E a Roma sarà felice anche ora: se è infelice, è solo perché non può più giocare».
Infine, uno sguardo al futuro: «Ogni calciatore dovrebbe farsi questa domanda: stai usando il calcio solo per guadagnare o hai uno scopo? Se pensi solo allo scopo e perdi l’essenza del gioco poi in campo fai schifo, ma per me il calcio non è mai stato solo un gioco. Nel calcio ho sempre cercato di essere soggetto, non oggetto: per avere un ruolo anche in spogliatoio, per provare a far crescere chi ho avuto intorno, non solo me stesso, seminando i miei valori. Per questo ho smesso, anche se avrei potuto continuare ancora per almeno un anno e anche se mi hanno cercato 2-3 club: avevo bisogno di una motivazione forte che nessuno è riuscito a darmi. Per questo, quando gli ho detto addio, ho scritto che “il calcio è stato uno strumento per essere felice e migliorare come persona, e lo sarà ancora”. Per questo non ho accettato di fare il commentatore tv, ho rifiutato la proposta di un club importante per fare il d.s., ho già seguito il corso allenatori Uefa B e farò l’Uefa A. Per sentirmi forte devo stare sul prato: dentro quelle quattro linee bianche, non dentro un ufficio» .