A volte ritornano, la speranza, è che restino anche. Se Schick avesse saputo che sarebbe bastato un mental coach per uscire dalla sindrome di Calimero, forse si sarebbe mosso prima. Non si sarebbero persi sei mesi (o forse più). Patrik ha preso coscienza, ha reagito, passo dopo passo: 5 delle ultime 8 partite di campionato le ha giocate da titolare, più due di Champions e una di Coppa Italia. Percorso che lo ha portato al sorriso dell’altra sera. E’ quel sentirsi utile che fa la differenza, l’idea di poter incidere anche in dieci minuti, con una sola giocata, quindi pure con un minuto. Avere voglia di stare, non di partire. Poi, i gol: una conseguenza.
FUTURO DZEKO Quel sorriso nasconde un’altra presa di coscienza: che sabato, contro il Torino, potrà ritoccargli la panchina. Ma senza necessariamente rientrare nella sindrome di cui sopra. Magari gli toccherà giocare un’altra volta, o forse a Firenze nel quarto di finale di Coppa Italia, per poi – se troverà continuità anche in partite più roboanti – sfondare il muro della gerarchia, che Dzeko ha meritato di scalare, fino ad arrivare primo. Perché Edin è stato uno Schick, con Spalletti, non giocava spesso, fino a guadagnarsi il posto, che ora ha ma che non è detto mantenga all’infinito. Quella contro l’Entella – ricordiamolo, squadra di due categorie inferiore alla Roma – per Patrik è stata una piccola/grande ripartenza verso la resurrezione definitiva. Si attendono conferme. Così come per gli altri, quelle scommesse fatte da Monchi in questi quasi due anni di giallorosso: Karsdorp, Marcano, Pastore. Chi più chi meno ha sfruttato la sua chance. Chi più, abbiamo detto: Schick. Chi meno, diciamo: Pastore. Il ragazzo Javier è ancora lontano da una condizione accettabile. Il problema è pure che, in questi mesi gli sono passati davanti Pellegrini e Zaniolo. Ora è dura.
JAVIER & CO Nemmeno lui stesso è soddisfatto di questa situazione, visto che è arrivato per far fare alla Roma il salto di qualità e ora si trova a vivere partite di seconda fascia. Segnali di ripresa anche per Karsdorp che non giocava 90 minuti dai tempi del Feyenoord: sfida contro Heerenveen, 19 marzo 2017. Anche lui, come Pastore, si ritrova il ruolo intasato: Florenzi e Santon, anche se quest’ultimo non sta bene. Doveva partire (volontà del club), lui vorrebbe restare (sta per diventare papà e vorrebbe far nascere il figlio nella capitale). L’olandese ha mostrato una buona gamba, è sicuramente meno affidabile in fase difensiva. Sotto questo aspetto, Florenzi e Santon, offrono più garanzie. La Roma ha necessità di far fruttare l’investimento, quindi: o gioca con continuità qui, o altrove. Su Marcano, discorso diverso: è arrivato a parametro zero e ha giocato poco. Il piccolo risveglio di coppa e l’infortunio di Jesus cambiano i piani: non si muove.
Se un gol e una buona prestazione serviranno per risvegliare certe sue ambizioni, la Roma avrà un difensore affidabile in più. Ivan ha rivisto il campo l’altra sera dopo la sfida del 12 dicembre in Champions contro il Plzen e in campionato non giocava titolare dalla partita contro la Spal, 20 ottobre. Ora la Roma deve prendere comunque un altro difensore, non perché si priverà di Marcano ma perché, almeno per un mese – se va bene – dovrà fare a meno di Jesus. Oggi il brasiliano farà una visita da Mariani e conoscerà il suo destino: Monchi è già orientato a fare uno sforzo. Serve un terzo, buono anche per fare il secondo: Miranda è il nome giusto, perché pronto subito. Si tratta. Per il futuro, oltre a Gianluca Mancini (1996), c’è il giovane (classe 2000) Nome Ozan Muhammed Kabak. Ma siamo già troppo avanti. Il difensore serve ora. Come il centrocampista, forse.