Sulla carta ha già vinto Chiesa. Quella del famoso “pizzino” dimenticato dal ds della Juventus Paratici sul tavolo di un ristorante di Milano: 50 milioni la valutazione del gioiello della Fiorentina fatto dal dirigente juventino, “solo” 40 quella di Nicolò Zaniolo, la sorpresa romanista di questa stagione. Difficilmente quelle cifre soddisferebbero Della Valle e Pallotta, ma da domenica, con quell’appunto ritrovato, sono entrati entrambi nell’orizzonte di mercato della Juventus: risposte italiane all’idea Isco, costosissimo obiettivo straniero (nel pizzino non c’era: il Real lo valuta 75 milioni) della bulimia bianconera.
Oggi saranno avversari, in palio la semifinale di Coppa Italia, ma pure l’occasione del sorpasso per il trequartista giallorosso. Anche se proprio trequartista non è. “Una mezzala”, dice di sentirsi lui. Lì gioca da quando a 10 anni la Fiorentina lo andava a prendere ogni pomeriggio: usciva mezz’ora prima da scuola, i genitori lo accompagnavano a Carrara dove arrivava il pullman per poi riaccompagnarlo alle 9.30 di sera. Una vita di sacrifici, poi la porta sbattuta in faccia alle soglie della Primavera: scartato perché il fisico non cresceva al ritmo del talento. Lo fece tutto insieme, 25 centimetri in 3 anni, da 1.65 a 1.90: a beneficiarne fu l’Entella, che lo aveva accolto. Lì Roberto Breda, oggi allenatore del Livorno, lo lanciò, tra i professionisti, in Serie B, a 17 anni, 8 mesi e 9 giorni. “Volevano che facessi debuttare altri ragazzi – racconta oggi – ma io risposi: mandatemi Zaniolo, che è più bravo. Aveva grandi doti fisiche e anche doti tecniche importanti, velocità. Soprattutto il carattere giusto: spesso i ragazzi sono timorosi o strafottenti o si sentono bravi dopo due allenamenti. Lui aveva una costanza da adulto. Tanti si perdono dopo la firma del primo contratto, lui no, neanche dopo salti avanti o dopo essere tomato indietro, nella Primavera dell’Inter. Ma una crescita esponenziale come quella che ha avuto non era immaginabile”. Breda un paragone per Zaniolo lo scomoda: “Mi ricorda Stankovic per la capacità di giocare da interno, da mezzala, da mezzapunta. E’ molto silenzioso, non parlava mai. Ma aveva idee chiare, ascoltava e cercava di mettere in pratica. Al debutto era emozionato e non gli ho detto nulla, ma alla prima palla ha quasi sfiorato il gol. Una freddezza da adulto”.
Anche se adulto non è ancora: a Trigoria arriva ogni mattina accompagnato dalla mamma Francesca Costa, che con lui vive in una casa del quartiere Eur, a due passi dalla nuvola di Fuksas: i primi tempi si nascondeva nel sedile perché si vergognava a firmare autografi, ora s’è iscritto a scuola guida, nel frattempo se esce la sera – ed è raro- vengono a prenderlo gli amici, come Luca Pellegrini, terzino che la Roma sta cedendo al Cagliari e che un paio di volte lo ha convinto a seguirlo in discoteca. Al papa Igor Nicolò è legatissimo, ma lui, ex calciatore, è rimasto a La Spezia per gestire il suo bar Costa, acquistato dalla famiglia della moglie, e crescere la sorellina di Nicolò, Benedetta. Un quartetto a cui il numero 22 dalla Roma ha dedicato i suoi tatuaggi: la parola “Family” sul braccio, sulle gambe le date di nascita dei cari in caratteri romani e dedica alla sorella. Da qualche settimana ha anche una fldanzatina romana. Una carriera lampo, in 84 giorni dalla finale Primavera con l’Inter, da cui voleva scappare a gennaio dopo una serie di promesse disattese, alla convocazione in nazionale. Ma nonostante la notorietà le Feste le ha passate a casa sua, in famiglia, con gli amici di quando era bambino e col cane Nina, una femmina di carlino che adora. La Roma prova a limitarne l’esposizione: continuasse così, sarebbe dura davvero.