Bellissima città, ma qui non si respira“. Sembrano lontani i tempi in cui Solbakken appariva come il nemico pubblico numero uno e l’aria di Roma gli sembrava così asfissiante da “costringerlo” a girarsene per l’hotel addirittura a petto nudo e col costume. Sudava e soffriva, il povero Ola, nella torrida primavera capitolina. L’albergo che ospitava il Bodø Glimt a Roma, alla vigilia dei quarti di Conference League. Dieci mesi fa l’attaccante si lamentava del caldo con l’amico Konradsen, sussurrandogli che in una città genere ci avrebbe messo piede soltanto da avversario; e invece Roma l’ha tentato e sedotto. Ma non è stato tutto rose e fiori. Qualche settimana fa, quando il mercato di gennaio era ancora aperto, la Roma lo escludeva dalla lista Uefa, o meglio era costretta a farlo. Dalla Norvegia più di qualcuno gli diceva: “Hai sbagliato ad andare, chiedi un prestito“. Persino qualche giornale si era spinto a sottolineare come l’esterno non fosse stato brillantissimo nell’andare in un club dove un allenatore come Mourinho non lo considerava.
Solbakken non ha ascoltato nessuno. Ha messo a tacere le voci rilasciando un’intervista in cui ammetteva di voler giocare, come logico, ma sapeva di aver bisogno di tempo e parlava benissimo dello Special One. Fine dei rumors? Non tanto. A Bodø, dove non hanno preso bene la sua decisione di andar via a parametro zero, gli facevano notare come, se voleva conquistare la nazionale, aveva bisogno di mettersi in mostra e di giocare, quindi la Roma non era stata la scelta giusta. Anche in questa circostanza, però, Solbakken è andato dritto per la propria strada. Il gol al Verona – da centravanti di razza – chiude così simbolicamente il periodo di adattamento e riscatta pure quel feeling particolare con l’Olimpico che nell’ultima occasione (il 4-0, appunto) si era interrotto bruscamente.
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. Marota / C. Zucchelli