Non è casuale che il Milan sia più forte di questa Roma: vi bastano Maignan, Theo, Leão, Pulisic, Calabria e Giroud? Non è casuale che i nodi di Mourinho siano venuti al pettine – tutti – proprio nel mese di gennaio: gli avvertimenti li aveva lanciati a più riprese. Non è casuale che i palloni giocabili e gli scambi di qualità Lukaku li ottenga soltanto quando in campo c’è Dybala, che è tutta la fantasia della Roma.
E non è neppure casuale che a San Siro la Roma abbia disputato una partita totalmente diversa da quella dell’Olimpico: il primo settembre lasciò pallone e iniziativa al Milan per evitare di soffrire le infilate di Leão, Loftus, Pulisic e le prese di brutto più nel gioco che nel punteggio; ieri sera ha mostrato coraggio, tentando di palleggiare, e le ripartenze e le differenze di sostanza le ha effettivamente subite.
Nel calcio di casuale ci sono soltanto gli episodi e qualche risultato. Non i momenti – buoni o neri – e i punti in classifica. Di sicuro non è casuale che Mourinho stia vivendo il momento più difficile sul piano del consenso. È più solo che mai. Adesso i critici e “los pasionarios” del giochismo, che non sono sempre gli stessi soggetti, possono finalmente scatenarsi, hanno l’argomento a favore: il trend negativo.
Hanno atteso questo momento per oltre due anni e l’inaccettabile distanza della società dai problemi, specie dallo scorso agosto, ha dato loro la possibilità di rifarsi di tante insofferenze e amarezze. La cosa più difficile del successo è che devi continuare ad avere successo. E poco importa – a chi non aspetta altro che di fartela pagare – se eri (sei) nella condizione di poterlo raggiungere.
Nella settimana che ha preceduto un derby perso malissimo, nel mondo romanista non si parlava che del rinnovo di Mou, qualcuno aveva addirittura ipotizzato che un’entità soprannaturale fosse scesa da Marte per fargli firmare il contratto. Un minuto dopo la sconfitta con la Lazio il sentimento è cambiato, il mondo si è capovolto e anche tra chi aveva sostenuto il tecnico portoghese qualcuno ha cominciato a farsi delle domande.
Un classico. La Roma di Lukaku e Dybala quando c’è, di Pellegrini e Spinazzola, da tempo lontani dal loro standard anche se ieri Lorenzo ha dato segnali di ripresa, di Karsdorp e Llorente, Zalewski e Aouar, Celik e Kristensen, e Paredes; la Roma dei guerrieri Mancini, Bove e Cristante, non è all’altezza della situazione, è fuori dalla coppa Italia, ma a soli 5 punti dalla zona Champions, traguardo che – secondo Mourinho – nelle condizioni in cui è costretto a lavorare risulta quasi impossibile
José Mourinho non è, per sua stessa ammissione, José Potter, ma esce dalla camera dei segreti, beve dal calice di fuoco e, pur possedendo la pietra filosofale e tanta pazienza, ha lanciato la maledizione dell’Erede. Girano nomi improbabili per una panchina che sta diventando scomodissima, in una fase della stagione in cui servirebbe soltanto una cosa: chiarezza e buona volontà da parte di Dan Friedkin. Che non è Voldemort. Dice: ma a Mourinho non rimproveri mai nulla? Sì, aver accettato una situazione del genere. Avrà avuto le sue ragioni, che non sono mai state economiche.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni