Un anno fa di questi tempi, anche se ancora nessuno lo sapeva, la Roma iniziava a ragionare seriamente su Artem Dovbyk. Lui giocava e segnava in Liga e a Trigoria cercavano di capire se ci fossero o meno i margini per portarlo in Italia e a quali condizioni. Sono passati 12 mesi e oggi sia la Roma sia lo stesso attaccante ucraino cercano, invece, di capire se ci sia o meno la possibilità di restare insieme.
Una stagione, neppure conclusa, è troppo poco per dirsi addio e questo, in fondo, lo pensano sia la società sia il giocatore. Ma è chiaro, al netto delle parole di ieri di Ranieri in conferenza, che qualcosa non è andato finora nel verso giusto. Oggi Dovbyk potrebbe (dovrebbe) partire dall’inizio: non sono annunciate contestazioni, ma certo dopo quella di Hummels la sua prestazione è stata giudicata dagli addetti ai lavori e dai tifosi la peggiore della squadra.
Non ha tenuto un pallone, non ha fatto salire i compagni, non ha vinto un contrasto: un fantasma. Ma che succede? Possibile che Dovbyk, il miglior attaccante della Liga 2024, sia questo? Contro il Cagliari spera di segnare: sarebbe il decimo gol in campionato, il quindicesimo complessivo. I numeri non sono sfavillanti, ma non sono neppure la cosa peggiore della sua stagione.
Per prima cosa il gigante ucraino non è al massimo della forma e mai c’è stato: problemi cronici alle ginocchia non gli consentono di spingere come vorrebbe e, anche se non sono gravi, sono costanti. Gli portano dolori alla schiena e una percentuale di esplosività ridotta. È stato visitato in Italia e all’estero, lo staff medico cerca di aiutarlo in tutti i modi, vengono studiati dei percorsi specifici tra lavoro sul campo e in fisioterapia, ma sembra sempre che gli manchi qualcosa per esprimersi nelle migliori condizioni.
Il modulo, poi, non lo aiuta: ha scelto la Roma (aveva anche altre offerte, soprattutto dalla Germania e dall’Atletico Madrid) perché era convinto di essere il terminale offensivo del 43-3 di De Rossi ed è inutile ricordare come sono andate le cose da settembre in poi.
Ragazzo molto riservato, schivo, legge e ascolta poco e parla ancora meno: ci pensa la moglie, che è anche la sua pr e social media manager, a fare da filtro tra lui e il resto del mondo. Vita sociale col contagocce: la villa di Casal Palocco, l’asilo della figlia, qualche giro in centro. Stop. La testa costantemente all’Ucraina, dove è rimasta la famiglia, qualche amico che ogni tanto viene a trovarlo, gli allenamenti continui a casa per cercare di non perdere mai il tono muscolare nonostante i fastidi.
Non è una cosa recente, questa sua condizione che sembra sempre sul filo, tanto che quando giocava in Danimarca, e aveva poco più di 20 anni ammise candidamente: “Ho dovuto aspettare due anni per essere a posto fisicamente. Se non sto bene non rendo”. Era il 2018. La sensazione è che, nel 2025, le cose non siano cambiate poi così tanto.
FONTE: Il Corriere dello Sport – C. Zucchelli