La Roma non vince in Champions League da 695 giorni: 3-2 al Bayer Leverkusen, 4 novembre 2015, secondo successo su 16 partite della gestione americana (l’altro è il 5-1 al Cska Mosca, del 17 settembre 2014). L’ultima vittoria in trasferta risale addirittura al 3 novembre 2010: Basilea-Roma 2-3, allenatore Ranieri. Quale occasione migliore per rompere il tabù che incontrare una squadra alla prima partecipazione in questa competizione, che al suo esordio ha perso 6-0 contro il Chelsea? Apparentemente nessuna. Il Qarabag, però, non sarà solo. Dalla sua parte avrà: 1) uno stadio da 70mila spettatori tutto pieno (biglietti più cari 25 euro, più popolari 1,5); 2) la presenza del presidente Ilham Aliyev, eletto nel 2003 con il 76,84% dei voti e accuse di brogli da parte degli oppositori; 3) l’entusiasmo di una nazione che ha trovato nello sport una grande vetrina, vedi il Gp di Formula 1 e l’organizzazione dell’Europeo di volley femminile. Non a caso, alla vigilia, Eusebio Di Francesco ha predicato prudenza: «Le partite facili non esistono. Dobbiamo avere il giusto rispetto per il Qarabag, per la sua storia e per tutto quello che hanno fatto fin qui». In casa, nelle ultime 9 gare europee (Europa League), il Qarabag ha vinto cinque volte, pareggiato tre (anche con l’Inter) e perso una sola volta (l’8 dicembre 2016 contro la Fiorentina, 1-2 con gol di Vecino e Chiesa).
La qualità della Roma, però, è molto superiore e questo lo riconosce anche l’allenatore giallorosso: «Mi serviranno comunque giocatori determinati, calcisticamente cattivi e con caratteristiche particolari. Ecco perché Kolarov e Dzeko saranno titolari dall’inizio». Di Francesco crede nel turnover — e stasera (alle 18 ora italiana) dovrebbero giocare Bruno Peres, Juan Jesus, Pellegrini, Gonalons e Defrel al posto di Florenzi, Fazio, Strootman, De Rossi e Perotti—, ma c’è un’eccezione a tutto. La consegna è giocare a ritmi sostenuti e pressare alto, per costringere all’errore gli azeri e ripartire con il contropiede corto. L’obiettivo è chiudere la pratica in fretta. «Il ritmo fa la differenza e non è vero che la serie A non è un campionato allenante. Anche in Spagna e in Inghilterra c’è un grande dislivello tra le prime e le altre. Sotto questo aspetto stiamo crescendo e il turnover è necessario proprio per questo: in ogni squadra ci sono delle gerarchie, ma io alleno tutti i miei calciatori allo stesso modo, per averli tutti pronti». Di sicuro, stasera, non ci sarà Diego Perotti, che è uscito dalla rifinitura con un problema muscolare al flessore della coscia destra. L’argentino era stato portato in Azerbaigian nonostante i dieci punti di sutura alla caviglia destra dopo Roma-Udinese. Un azzardo che non ha pagato. Adesso salterà anche Milan-Roma di domenica.