Segnali terribili di una stagione che si sta incartando all’alba. Ieri è arrivata la prima sconfitta in Europa alla seconda partita, dopo il mezzo stop della gara d’esordio con il Bilbao, e stavolta contro la squadra teoricamente meno dotata tra le otto indicate dall’urna, l’Elfsborg. Di più, la Roma ha affrontato ai primi due turni le due formazioni sorteggiate dalla quarta fascia, quella dei club sulla carta più scarsi.
E quel punticino rimediato ci inchioda oggi al penultimo gradino del gruppone delle 36 partecipanti, davanti solo alle sei squadre che hanno rimediato solo due sconfitte. In Svezia a dir la verità la Roma è stata sconfitta solo nel risultato perché la prestazione, soprattutto nel secondo tempo, c’è stata e lo testimoniano le statistiche decisamente favorevoli: dai tiri (23 contro 67) al possesso palla (75% a 25%), dagli xgoal (1,43 a 1.07, col dato drogato chiaramente dal rigore) al numero dei passaggi (848 a 282).
Ma conta poco perché l’unico gol è stato segnato dai padroni di casa (rigore per fallo di mano di Baldanzi trasformato da Baidoo al 44’ del primo tempo) e per il resto del tempo la Roma ha palleggiato nella metà campo avversaria, costruendo – e questa è la colpa maggiore – un numero troppo limitato di palle-gol, la più clamorosa delle quali è stata una traversa colpita da Pellegrini con un gran sinistro a giro dal limite dell’area.Insomma, la classica partita che se arriva in mezzo ad una serie di vittorie consecutive viene definita episodica e determinata solo dalla sfortuna.
Ma che si piazza invece in mezzo ad un inizio di stagione così tormentato, sposta di nuovo verso il basso l’asticella della temperatura. Bene fa Juric a difendere il suo gruppo e a rilevare soprattutto le cose positive, ma indubbiamente la piazza ora è di nuovo in fermento e solo una vittoria a Monza prima della sosta può far tranquillizzare gli animi.
Lo svantaggio si è configurato già nel primo tempo, quando la Roma era riuscita nell’impresa di tornare negli spogliatoi in svantaggio nonostante un dominio pressocché ininterrotto del pallone e una supremazia territoriale conclamata. Ma aveva avuto il torto di farsi trovare impreparata in un paio di uscite ben confezionate dagli svedesi e quindi di far registrare il numero di occasioni più nitide a favore proprio dei padroni di casa, che poi in un pallone messo in area senza pretese e deviato di tacco da Ouma hanno trovato largo un braccio di Baldanzi e hanno protestato a lungo fino a convincere l’arbitro estone Tohver ad andare a verificare l’on field review, con l’esito inevitabile: rigore e trasformazione del ghanese Baidoo, uno dei quattro africani scesi in campo in una formazione per il resto solo svedese.
Chiara la scelta tattica di Hiljemark, ex giocatore di Juric nel Genoa e dunque profondo conoscitore del neo allenatore della Roma: attendere i giallorossi di bianco vestiti praticamente nella propria trequarti campo, un po’ come aveva fatto il Venezia di Di Francesco qualche giorno prima all’Olimpico, per poi uscire rapidi nella zona più fragile (quella opposta rispetto all’avvio della transizione) con i giocatori veloci dalla trequarti in su.
Giochino riuscito perfettamente almeno tre volte nel corso del primo tempo: al 16’ è stato bravissimo Paredes a recuperare ad un suo stesso errore in rifinitura, chiudendo lo spazio a Baidoo proteso verso Svilar, al 17’ è stato Arber Zeneli a scartare (troppo) facilmente Svilar e a calciare dritto addosso al portiere giallorosso e poi nell’azione verso fine del tempo, quando per l’appunto Baldanzi ha interrotto la trama involontariamente, ma nettamente, con un braccio troppo largo. In più al 18’ l’alto centrale difensivo Henriksson aveva deviato di testa libero in area un calcio d’angolo ben calibrato, costringendo Svilar ad una respinta assai difficoltosa.
E la Roma? Ha tenuto il pallone praticamente per tutto il tempo, con eccezione dei momenti appena raccontati, senza però la necessaria lucidità e questo per un discreto numero di fattori. Intanto la coppia Soulé-Baldanzi alle spalle di Shomurodov ha rappresentato un trio inedito e male assortito, con l’italiano vagamente ispirato nel buio dell’interpretazione degli altri due giocatori. Preoccupante il rendimento dell’argentino, capace ieri di sbagliare un paio di occasioni in una maniera talmente evidente da far pensare ad un problema psicologico più che tecnico.
In mezzo Paredes e Pisilli (altra coppia inedita) hanno provato a gestire il palleggio andando però in difficoltà sulle ripartenze, sugli esterni Angeliño è stato inconsuetamente impreciso nei cross e dall’altra parte Abdulhamid, all’esordio dal primo minuto, ha fatto almeno vedere di valere i soldi spesi per l’operazione; dietro, in assenza di Mancini, Celik (il più brillante) ha fatto il terzo centrale con Ndicka (troppo cauto) ed Hermoso (decisamente insufficiente). A specchio gli svedesi, con tre centrali concentrati, quattro centrocampisti in linea attenti soprattutto a non concedere spazi e a muoversi bene nelle ripartenze, e tre attaccanti pronti a ripiegare fino alla propria trequarti.
Dopo un buon inizio con un tiro cross di Angeliño bloccato a terra da Pettersson e un colpo di testa di Celik su cross di Paredes, la Roma ha sofferto per qualche minuto le ripartenze veloci degli svedesi ben preparati ad uscire sfruttando gli spazi concessi dalle marcature individuali tipiche di Juric. Poi però la Roma ha spinto un po’ sull’acceleratore e ha creato diversi pericoli almeno potenziali, sprecando la maggior parte delle occasiono per via delle rifiniture approssimative.
Ci hanno provato un paio di volte Soulé (uno parato, uno fuori di poco), Baldanzi in forbice, Shomurodov con un bel destro alto, fino al rigore concesso dal Var per un braccio troppo largo di Baldanzi. Dopo il gol e prima del fischio di fine primo tempo la Roma si è subito ricreata l’ccasione per pareggiare, ma Baldanzi imbeccato da Abdulhamid ha calciato al volo prendendo in faccia il povero Ouma, rimasto stordito a terra per un po’.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco