Sulla concitazione e soprattutto sulla rabbia del momento abbiamo concluso il commento in radiocronaca su Radio Romanista della sfida tra Roma e Atalanta sostenendo con forza, ma anche a mo’ di provocazione, che è raro vedere in Italia oggi una squadra che gioca bene come la Roma. Ovviamente il riferimento non era in assoluto alle peculiarità della squadra di Mourinho, ma era specifico alla partita appena terminata.
Sì, perché Roma-Atalanta è stata una splendida sfida sotto ogni punto di vista (tecnico, tattico, agonistico, mentale) grazie soprattutto alla squadra padrona di casa, capace di tenere alto il ritmo per tutti i 90 minuti contro una delle squadre che solitamente lo impone agli altri; capace di sciorinare giocate sopraffine dal punto di vista tecnico contro una delle squadre che maggiormente ne inibisce; capace di mostrare le sue doti muscolari e dinamiche contro una delle squadre che solitamente si impone con la forza sugli avversari; capace, infine, di reggere l’impatto senza mai tentennare contro una delle squadre che proprio a livello mentale costruisce le sue (non rare) vittorie.
Un capolavoro che sarebbe stato completo se a dirigere la partita fosse stato chiamato un arbitro adeguato e non l’insulso Aureliano di Bologna, uno che quanto ad abilità tecniche, tattiche, fisiche e soprattutto psicologiche dovrebbe ricominciare i corsi arbitrali dalla prima lezione.
La Roma avrebbe meritato di giocare tutto il secondo tempo in superiorità numerica non per grazia ricevuta, ma per aver saputo sfruttare appieno una delle più evidenti fragilità dell’Atalanta che però solo poche squadre riescono a mettere a nudo.
Giocando contro i nerazzurri in verticale con la qualità che passa sui piedi di Pellegrini, Dybala e Lukaku diventa assai probabile ritrovarsi a puntare dritti verso il portiere senza avversari e quando capita e ti tirano giù il provvedimento non può che essere uno: l’espulsione. Aureliano non ne ha avuto il coraggio, la Roma è rimasta clamorosamente penalizzata da quella e da tante altre situazioni che approfondiamo in altra parte del giornale.
Qui preferiamo restare sugli aspetti più calcistici della sfida e sono tutti a vantaggio della Roma, tranne, per l’appunto, il risultato. Sappiamo bene che questo non è un dettaglio, ma sappiamo pure che la Roma oggi si sta esprimendo ad un livello calcistico alto come forse non le era mai capitato nel triennio Mourinho. Da qui discende l’ottimismo che ci porta a pensare che il futuro possa essere radioso. Se il dio del calcio nelle ultime partite si è un po’ distratto, siamo sicuri che presto o tardi tornerà a restituire alla Roma quello che sul campo sta meritando.
Lo scacchiere tattico ammirato domenica sera all’Olimpico è stato chiarissimo sin dai primi contrasti sul campo: portieri a parte, gli altri 20 uomini in campo sono stati impegnati in duelli individuali più o meno strutturati così: Scalvini-Pellegrini, Djimsiti-Lukaku, Kolasinac-Dybala, Holm-Zalewski, Ederson-Cristante, De Roon-Bove, Ruggeri-Karsdorp, Miranchuk-Llorente, De Ketelaere-Mancini, Koopmeiners-Kristensen.
Gasperini ha provato a togliere punti riferimento alla difesa romanista, conoscendone le difficoltà numeriche, ma a parte qualche incertezza di Llorente determinata probabilmente anche da condizioni fisiche imperfette, tutti hanno retto il confronto nell’uno contro uno, persino Zalewski che a dispetto del fisico chiaramente differente ha costretto Holm a difendere più che ad attaccare.
A livello difensivo l’errore più evidente della Roma è stata la marcatura di Karsdorp, incidentalmente su Koopmeiners nell’azione del gol bergamasco. Il terzino olandese si è trovato nell’emergenza a dover chiudere sul trequartista avversario e non ha avuto la forza di staccare di testa palesando ancora una volta tutti i limiti specifici che ne riducono le potenzialità difensive.
Eppure, una volta in svantaggio, la Roma non ha cambiato di 1 millimetro l’impostazione con cui aveva giocato i primi sette minuti della sfida, trovando la forza di non rinunciare mai al palleggio nell’impostazione con diagonali e verticali di uscita dirette su Pellegrini o Dybala che avevano il compito di cercare di prima il vertice con Lukaku da cui ispirare – con scarico, controllo o girate individuali – la percussione verso la porta di Carnesecchi.
Proprio la varietà di soluzioni ha favorito la buona riuscita di molte iniziative giallorossi, chiamati quasi a favorire le pressioni avversarie per uscire direttamente con i centrali, poggiati sui quinti o internamente con Cristante e Bove pronti al rilancio di prima.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco