Non doveva essere un giorno semplice per Ramón Rodríguez Verdejo, detto Monchi. Vicino a lui il solo Jonathan Silva, classe’94, quando in tanti si aspettavano non i botti ma almeno qualche miccetta in più. Non è colpa di Silva, sia chiaro, ma il ds ha dovuto raccontare e spiegare il post mercato, fatto di partenze (Emerson), di sanguinosi addii sfiorati (Dzeko) e, appunto, un solo acquisto. E quindi dare un perché al momento no della Roma, che per il club non è dipeso dal mercato e dalle voci di dentro (il mercato, appunto).
LA SPIEGAZIONE – Monchi spiega e si incolpa. «Colpa mia: ci sono cose che ho fatto, ma sono convinto di poterle fare meglio. Ora sono convinto di conoscere meglio la società e sono un miglior professionista di quando sono arrivato. Non cerco alibi: il lavoro di un ds non è solo sul presente, ma soprattutto sul futuro». Il mercato di gennaio per tanto è deficitario, per Monchi è «normale». Quello della scorsa estate, invece, secondo il club ha sbattuto contro la sfiga: Karsdorp era infortunato al ginocchio destro, poi si è rotto quello sinistro, Schick non lo abbiamo mai visto per via degli infortuni. Quanto al ceco, al netto degli stop, non è proprio il calciatore che cercava Di Francesco. E Defrel? Il ds ha ritenuto conveniente il sistema di pagamento e l’ingaggio non eccessivo. Ma poi è stato spesso in infermeria pure lui. Detto questo, la Roma di quest’anno si è indebolita e questo è un fatto, non sono bastati Pellegrini e Under.
MIGLIORARE – Mea culpa dello spagnolo pure su Moreno. Fallimento, e Ramon non fatica a riconoscerlo. «Quando un acquisto non va bene è meglio fermarsi. Non è andato bene e va riconosciuto, abbiamo trovato un’offerta dello stesso valore con cui l’abbiamo pagato e abbiamo deciso di lasciarlo andare. Il giocatore poi ha la sua opinione: voleva giocare per andare ai Mondiali. Per me è meglio riconoscere l’errore e non continuare a perseverare. Gli altri acquisti? Possiamo parlare uno per uno ma credo ci sia tante cose che influiscono nel rendimento. Posso portare esempi di giocatori che per seimesi non hanno fatto nulla e poi sono diventati importanti. Sono convinto che quelli che abbiamo preso e restano alla Roma giustificheranno il loro acquisto. Fare un giudizio ora non credo sarebbe giusto, tutti dobbiamo migliorare, anche loro, ma c’è un tempo di cui tutti hanno bisogno».
QUI NON SI VENDE… – Nella giornata degli acquisti (per ora) andati male, c’è spazio per rinfacciare al ds la famosa frase sbandierata il giorno dell’insediamento: «Qui non c’è il cartello ‘si vende ma si vince’». La storia ha mostrato il contrario. «Un ds ogni tanto deve dire qualcosa per proteggere la società. Ora però devo guardare avanti e lavorare per costruire una Roma più vicina a quella che i tifosi vogliono. Oggi sportivamente siamo distanti, è il momento di stare zitti e lavorare di più. Sono convinto al 100% che tutti nella squadra siano coscienti del fatto che c’è qualcosa da migliorare a livello individuale. È il momento di mettere sul tavolo quello che abbiamo dentro». Tutti. Compresi i calciatori.